Intervista: Diego Cocco

Hello my dear friends. Come state? Io abbastanza bene dai, non mi posso lamentare. Finalmente l'estate è iniziata ufficialmente anche per me. Voi cosa farete di bello in questi mesi? Io già parto la prossima settimana e sto cinque giorni nel Friuli con la mia famiglia.
Per quanto riguarda le letture oltre ad andare avanti con le collaborazioni ho anche da leggere i libri per la scuola per il prossimo anno.
Ma senza rompervi più le scatole oggi sono qua per portare una nuova intervista: parlo di Diego Cocco.
Lo ringrazio infinitamente per il tempo che mi ha concesso e dedicato per rispondere alle domande.
Buona lettura

BIOGRAFIA: Diego Cocco è nato nel 1979 a Valdagno (Vicenza). Ha pubblicato racconti brevi in varie antologie
in formato cartaceo ed elettronico. Per la rivista “Skan Magazine” ha scritto numerose poesie nella
rubrica Versi Horror.
“Lame senza memoria” è la sua prima raccolta di micro – racconti in versi (2016 – Lettere Animate
Editore).
Nel 2017 con Alcheringa Edizioni ha presentato la silloge: “Il collante dell’umanità chiamalo dolore”,
premiata al Concorso Nazionale “Leandro Polverini” – sezione Poesia Crepuscolare.
Alcuni suoi testi sono stati segnalati con menzione d’onore al Premio Internazionale “Ossi di Seppia”.
Per il periodico online “La Testata” ha curato la rubrica di poesia Il giardino dei sei colpi.
Ha vinto il Premio “Teresa Cognetta” con l’opera Ballata del mondo storto e la prima edizione del
Concorso “Briciole di poesia” con lo scritto Il massaggio.
“Lo scrittore eterno muore ogni quarto d’ora” è il titolo del suo romanzo sperimentale (2017 –
Edizioni Amande).
La sua quarta opera, “Gli sconfitti mordono con misericordia”, è stata pubblicata da CTL Editore nel
febbraio 2019.
“Non può essere tutto qui” è il nome della nuova silloge empirica (2019 – PAV Edizioni).
www.diegococcoautore.wordpress.com



E ora passiamo alle domande vere e proprie.

CHIARA: Da quanto tempo scrivi?

DIEGO: Scrivo dall’8 febbraio del 2010. Il progetto doveva essere un thriller a quattro mani con un collega,
dal titolo “Players”. Per fortuna i giocatori, dopo aver ricevuto qualche offerta inquietante da parte di case editrici a pagamento, lo hanno subito seppellito dentro un cassetto.

CHIARA: Perché come genere hai scelto proprio la poesia?

DIEGO: La mia non è stata una scelta, direi piuttosto che la maturazione di autore mi ha portato verso un
genere insolito: forse ho seguito questo percorso inciso da una sottile vena masochista, visto che la
poesia in Italia è snobbata dai più.
E dire che la magia dei versi sta proprio nella brevità del contenuto; poche righe a volte sono
l’equivalente di un intero romanzo, anche se purtroppo sono in pochi a capirlo.

CHIARA: Hai una poesia tra quelle che hai scritto che senti più addosso? Se sì quale?

DIEGO: In questo caso mi permetto di deviare la domanda. La poesia che sento di più è quella che devo ancora scrivere. Non riesco a legarmi agli scritti del passato: c’è sempre qualcosa da ridefinire, da migliorare. Penso che in letteratura chi si ritiene soddisfatto del risultato sia già finito, morto,sorpassato. La prossima frase è la sola a contenere speranza e gloria, basta trovare il coraggio di buttarla giù.

CHIARA: Ti saresti aspettato di pubblicare qualcosa di tuo?

DIEGO: È sempre stato il mio obiettivo fin dall’inizio, come per tutti gli aspiranti scrittori, del resto.
Raggiungere questo traguardo mi ha portato gioie, ma anche dolori, perché (sarò banale) nel campo
dell’editoria non è tutto oro ciò che luccica; direi che questo mondo assomiglia piuttosto a quei
famosi bonbon confezionati in carta dorata. Hai il libro in mano, il sogno si è realizzato e quando
sei finalmente pronto ad assaporare le gioie del tuo lavoro scopri che il contenuto non è proprio
cioccolato…

CHIARA: Un augurio agli aspiranti scrittori.

DIEGO: Più che un augurio mi sentirei di dare qualche consiglio. Suppongo che siano già tutti bravissimi ad
augurarsi le cose migliori.
Dunque:
- non abbiate fretta
- quello che oggi ritenete un capolavoro potrebbe trasformarsi presto nel motivo della vostra
vergogna
- prendete i complimenti che vi arriveranno alla stregua di sfacciate richieste di denaro
- gli squali adorano mordere il culetto dei novizi: cercate per quanto possibile di indossare mutande
adeguate.
- non lasciate in alcun modo che il vostro sogno venga manipolato, non scendete a compromessi.

CHIARA: Da dove è nata l'idea del titolo il collante dell'umanità chiamalo dolore?

DIEGO: L’input per il titolo è stato un triste ragionamento pomeridiano, durante una passeggiata. Cos’è che
avvicina l’uomo ai suoi simili? Quali sono i momenti in cui la frenesia quotidiana scompare per
lasciare spazio alle emozioni e ai valori veri? Mi sono guardato intorno pensando all’epopea infinita
degli attentati, ho camminato ancora e mi sono ritrovato a subire le immagini delle cattedrali in
fiamme: un orrore senza respiro, un dolore che s’insinua nell’anima per costringerci a guardarci
l’un altro in cerca di conforto reciproco. Purtroppo nella vita reale gli spunti non mancano.

CHIARA: Si tratta di una tua analisi rispetto alla società attuale?

DIEGO: Sì, senza dubbio. Non riesco proprio a restare indifferente verso il degrado del pensiero e delle
coscienze. A volte il mondo mi sembra un manicomio certificato.

CHIARA: Quante e quali tematiche hai analizzato all'interno della raccolta? Quale ti sta più a cuore?

DIEGO: Indifferenza, falsa pietà, emozioni artificiali, costruite per un fine, l’arte di saper indossare la giusta
maschera ad ogni occasione, l’inevitabile parabola del concetto umano ridotta alla triade nascita –sopravvivenza – morte.
Niente di tutto ciò mi sta particolarmente a cuore, anzi, vorrei non assimilare alcuna sensazione di questo tipo, ma purtroppo non esiste un registro che permette di regolare la propria sensibilità, checché ne dicano psicologi e appassionati e ottimistici studiosi della mente umana.

CHIARA: Volevi far passare un messaggio? Se sì quale?

DIEGO: La sofferenza è condivisa. La sofferenza è nascosta nel sorriso di una madre, la sofferenza si nutre
dei nostri tentativi di superarla, la sofferenza è un uccello colorato che ci attrae col suo canto. Non
possiamo fare a meno di accoglierlo sulla nostra spalla, non possiamo smettere di ascoltarlo.
L’importante è fare in modo di stringere un cerchio con le persone giuste, la famiglia, forse, o
qualcosa di più vicino a un prato dove si coltiva amore vero.

CHIARA: Ci saranno altri libri?

DIEGO: Non lo so. Ho iniziato questo 2019 in pompa magna, con due nuove pubblicazioni. “Gli sconfitti
mordono con misericordia”, edito da CTL Editore, e “Non può essere tutto qui”, un progetto
sviluppato con i tipi di Pav Edizioni.
Penso che la scrittura migliore sia quella introspettiva, personale. Magari continuerò a riempire
fogli bianchi per custodirli nella mia amata scrivania. Non sento più molto l’esigenza del confronto
con il pubblico, e questo, devi credermi, a prescindere dal successo ottenuto. Come avrai capito,
non sono l’autore che scrive per gli altri. Il mio è un percorso maledetto fatto di inchiostro e sangue.

Eccoci qua. Giunti al termine di questa intervista. Ringrazio ancora Diego per il tempo che mi ha dedicato e gli auguro veramente tutto il bene possibile.
Alla prossima avventura my dear readers.



Kicca

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