Intervista: Alessandra Giavazzi

Hello my dear readers. Come state? Io abbastanza bene dai. Questo weekend sono stata a città dei lettori a Firenze. Un'esperienza veramente unica ed incredibile. Finalmente sono riuscita a conoscere di persona e scambiare 4 chiacchere con Felicia e anche con Silvia Ciompi. Ho potuto rivedere con mio grandissimo piacere sia Chiara Parenti che Chiara Panzuti.
Oggi sono qua per presentarvi una nuova autrice: si tratta proprio di Alessandra Giavazzi.
Ringrazio davvero di cuore l'autrice per avermi dato la possibilità di farsi conoscere ed entrare nel suo mondo di meraviglie.
Adesso mi cheto e ve la lascio scoprire e gustare.
Buona lettura a tutti

BIOGRAFIA: Alla scuola materna, quando le suore volevano che i bambini sviluppassero la propria fantasia attraverso l’arte. Ogni giorno dovevamo realizzare almeno tre disegni. Una mattina sentii che avevo bisogno di qualcosa di diverso per esprimermi. Avevo bisogno delle parole.
Mi ricordo perfettamente il momento in cui alzai e chiesi alla suora di insegnarmi i simboli dei suoni che usiamo per comunicare. Mi guardò perplessa e mi disse che avrei dovuto disegnare come tutti gli altri. Insistei: “Ho già disegnato centinaia di case con l’albero. Puoi insegnarmi a scrivere?”. Anche se con riluttanza, finì per accettare.
Iniziai a riempire pagine bianche con lettere maiuscole, da destra verso sinistra, perché sono mancina e mi venne spontanea quella direzione. La suora, arresasi di fronte alla mia ostinazione, mi correggeva gli errori grammaticali e mi insegnava il modo per esprimere le pause tra le frasi con i segni di punteggiatura.
Mi disse che alle elementari le maestre mi avrebbero obbligata a scrivere da sinistra a destra e, anche se mi sembrò molto ingiusto, ci provai. A fine giornata la mia mano sinistra era completamente blu per l’inchiostro. Quello fu un segno: il mio destino era avere la mano sinistra sporca d’inchiostro per sempre.


CHIARA: Da quanto tempo sei nel mondo della scrittura?

ALESSANDRA: Sono una scrittrice preistorica. Sembra una contraddizione dal momento che secondo la storiografia è stata la scrittura a determinare il passaggio dalla preistoria alla storia, ma è proprio così. Quando avevo quattro anni e andavo alla scuola materna ero condannata a disegnare case e alberi ogni giorno. Stanca di questa monotonia, con tante storie in testa, chiesi alla maestra di insegnarmi i segni associati ai suoni, perché potessi mettere nero su bianco le mie fantasie. Allora iniziai a scrivere e non smisi mai. 

CHIARA: Perché hai scelto di scrivere un thriller?

ALESSANDRA: Non ho scelto di scrivere un thriller. Il thriller ha scelto me. I miei libri nascono da un'idea, un assoluto dedotto empiricamente dalle mie esperienze. Il genere letterario è solo un mezzo per poter esprimere quel concetto nel modo più semplice e chiaro che mi è possibile. Nel caso di Ragione e Follia, come si può immaginare, l'intreccio nasce dalla dicotomia espressa nel titolo, a mio parere, solo apparente. La lingua che usiamo per esprimere i nostri pensieri influenza il pensiero stesso, fino a farci percepire verità incontrovertibili che creano una scissione tra reale e percepito. L'intenzione di questo mio primo libro era mettere in discussione la razionalità e la pazzia come concetti opposti e mostrarli come sono in realtà: compenetrati. 

CHIARA: Hai studiato psicologia e filosofia durante l'università? 

ALESSANDRA: Ho una laurea magistrale in Lettere e Filosofia e per passione ho divorato manuali di psicologia.

CHIARA: Un sogno che hai nel cassetto da sempre.

ALESSANDRA: Una tazza di caffè e un foglio bianco. Da sempre... e per sempre. 

CHIARA: Un augurio agli aspiranti scrittori.

ALESSANDRA: Vi auguro di essere altruisti. Un libro non deve curare la malattia del suo autore, ma deve essere raccontato da chi è stato ammalato ed è guarito. Scriviamo per gli altri!

CHIARA: Pensando al titolo del tuo romanzo ha una duplice sfaccettatura: è sia esplicito poiché può condurre a supposizioni ma al contempo crea suspance. Da dove ha avuto origine tutto questo?

ALESSANDRA: Credo di aver già risposto a questa domanda parlando del genere letterario adottato. Vorrei che il lettore possa provare certi sentimenti leggendo il mio libro: vorrei che si sentisse perso e privo di certezze all'inizio, che acquisisse una convinzione apparentemente ovvia e che infine fosse costretto a ricredersi. E' ciò che succede vivendo. Nasciamo senza sapere nulla, tutto è nuovo. Crescendo ci creiamo le nostre verità per poter agire e interagire. E, ad un tratto, forse, qualcuno si rende conto di essersi sbagliato. A quel punto, si inizia a vivere davvero. 

CHIARA: Hai un personaggio nel quale ti rispecchi maggiormente? Se sì quale?

ALESSANDRA: Per fortuna, no...

CHIARA: Giulio è il protagonista della vicenda. Perché ha dei vuoti di memoria e risente in modo amplificato di ciò che prova?

ALESSANDRA: Giulio è un soggetto estremamente emotivo. Si affida alle sensazioni più che al ragionamento. A causa di un trauma che si spiegherà leggendo, ha dei vuoti di memoria e la sua unica certezza è sapere di non potersi fidare di ciò che gli detta la ragione. 

CHIARA: Potresti dare qualche informazione in più rispetto alla struttura che si presenta nel testo come lugubre e al contempo candida?

ALESSANDRA: Di dicotomia si parla e di dicotomie è intriso il libro. L'opposizione ragione-follia non si esplica solo a livello concettuale, ma infetta anche i suoi personaggi e i suoi luoghi. 

CHIARA: Ci saranno altri libri prossimamente?

ALESSANDRA:Sono alle prese con un romanzo più consistente, in cui il mistero si dipana con tinte meno fosche, a tratti ironiche. La protagonista è una travel blogger che si ritrova a fare un viaggio nella Terra delle Risposte.

Eccoci giunti al termine di questa intervista. Se avete qualche altra domanda o curiosità non esitate a contattare Alessandra oppure aspettate che ci si organizzerà per...
Alla prossima avventura dear readers.



Kicca.


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